”Forte e riservata, un coraggio da leone. Nilde Iotti esempio di vita per tutte e tutti”. Intervista a Loretta Giaroni (da La Gazzetta di Reggio)

A cento anni dalla nascita di Nilde Iotti è Loretta Giaroni, una delle sue amiche sotriche, a ricordare la prima presidente della Camera: «L’ho vista per la prima volta nel 1945. Era insieme a un gruppo di donne, lei aveva un abito nero con colletto bianco». Intervista a cura di Martina Riccò


«Ho l’impressione di essere stata una donna fedele a un impegno preso verso me stessa. Un impegno preso da quando ho cominciato ad essere una persona. Nessuno che fa politica è soddisfatto del suo lavoro, questa è stata per me sempre una premessa di rigore, ma continuo a guardare alla politica come alla più alta delle eredità. La vivo oggi con lo stesso impegno e lo stesso entusiasmo di quando ho cominciato. Credo nella politica come strumento indispensabile per cambiare la società e per diffondere nuove idee».

Oggi Nilde Iotti avrebbe compiuto 100 anni. Quando ha pronunciato queste parole, ne aveva 74.

«Forse all’epoca non me ne rendevo neanche conto – commenta Loretta Giaroni, coordinatrice dell’Unione Donne d’Italia (Udi) di Reggio Emilia dal 1957 al 1967, e amica di Nilde Iotti – ma ciò che più ammiravo di lei era la coerenza. La coerenza tra l’idea politica, lei è stata una comunista italiana fino alla fine dei suoi giorni, e il suo sentimento. Molti biografi scrivono che la Nilde ha avuto nella sua vita un contrasto, un conflitto perenne tra la ragione e il sentimento; che la sua ragione era tale, per cultura e carattere, che non cedeva e prevaleva anche sui sentimenti. Ma lei è riuscita a farli convivere. Cosa è costato, sia a lei che a Togliatti, lo sanno solo loro. Ma forse lo capiamo anche noi che abbiamo provato un sentimento d’amore».

Come vi siete conosciute?

«Era il 1945. Io facevo già la dattilografa alla federazione del Partito Comunista Italiano, avevo iniziato a lavorare a 14 anni come dattilografa alle Officine Reggiane. L’Udi aveva invitato noi ragazze dell’Ari, Associazione Ragazze d’Italia, a una riunione. Ci sono andata anche io. Ricordo che sono arrivata davanti alla sede, in via Emilia Santo Stefano, e ho visto un bel gruppo di donne vestite con abiti colorati, non come ai tempi della guerra quando c’erano solo fame e disperazione. Erano belle, vestite bene e fumavano. Ricordo di essermi stupita perché non avevo mai visto così tante donne con la sigaretta in mano. Una di loro aveva un abito scuro e un colletto bianco, quella era Nilde Iotti».

Qual è il più grande insegnamento che le ha lasciato Nilde Iotti?

«La Nilde? Mi ha insegnato a dire sempre quello che penso. Ma sono anche così di natura, devo dire la verità. Comunque lei non ha mai rinunciato a dire cosa pensava, né ai suoi sentimenti. È arrivata in alto ma non ha mai dimenticato le sue radici. Mi ricordo che era appena diventata Presidente della Camera, io e Paolo, mio marito, siamo andati in vacanza in Toscana, su una roulotte scalcinata ma a noi andava bene così. Sul giornale ho letto che la Nilde sarebbe venuta in una città vicino a noi per fare un discorso. Ho detto a Paolo: “Andiamo a sentirla?”. Il giorno dopo siamo andati, c’era tantissima gente e una rete di metallo per tenere lontana la folla. A un certo punto ho visto la Nilde e l’ho chiamata, d’istinto. Lei si è fatta largo ed è venuta da noi a salutarci».

Il ricordo più forte che la lega a Nilde Iotti?

«Lei non era solo la mia dirigente, ci legava una grande amicizia. Non mi faceva confidenze personali, non era il tipo. Non ho mai conosciuto una persona riservata come lei. La Nilde non aveva bisogno di sfogarsi con questo e quello. Non lo faceva perché lei era fatta così, ma anche perché era la donna del segretario del partito. E a quell’epoca non era come oggi, per adulterio si andava in galera. Erano gli anni dello scandalo di Fausto Coppi e la Dama Bianca, per dire. Comunque nel ’93 mi è morto un nipote, aveva un mese di vita. Lei lo ha saputo, mi ha mandato un telegramma, poi ci ha invitati, me e Paolo, a passare il Ferragosto nella casa che aveva comprato a San Quirico d’Orcia. Siamo stati con lei tre giorni. Ci ha accompagnato in giro, ci ha spiegato tutta la storia dell’abbazia, ci ha portato ad ascoltare la musica gregoriana, ci ha accompagnati alle terme di Bagno Vignoni, ma non ha mai nominato mio nipote, non mi ha mai chiesto una fotografia, non mi ha mai chiesto di lui. Questo (la voce si incrina, ndr) per dire come era lei».

Perché è importante ricordarla ancora oggi?

«Perché la Nilde ha rappresentato, e non solo per le donne della mia generazione, un esempio di vita. Lei ha ispirato tutti, purché siano onesti ad ammetterlo. Uno poi provava a fare quello che poteva. È che per lei era normale quello che faceva. Era normale fare politica come la faceva lei, ed era normale amare Togliatti. Anche in quell’epoca lì. Il suo portavoce alla Camera, Giorgio Frascapolara , racconta che Nilde gli aveva detto una volta riferendosi a lei e Togliatti: “Una strana famiglia in cui non ci sono un vero marito, una vera moglie, una vera figlia, ma che è una famiglia felicissima e unita”».

Le sue battaglie sarebbero ancora attuali?

«Lei si è sempre battuta per problemi che nascevano dal contesto concreto e che riguardavano la collettività. Con un coraggio da leone. Giorgio Frascapolara ha fatto un tracciato, poi consegnato alla Fondazione Nilde Iotti, in cui c’è scritto tutto il suo lavoro per rinnovare certi sistemi in uso nel Parlamento, per il funzionamento del Parlamento. Lei diceva che bisognava garantire i diritti delle opposizioni e nello stesso tempo garantire alla maggioranza di governare. Un matrimonio difficile da fare. E voleva calare il numero dei deputati. Diceva: “Ne abbiamo più noi della Cina”. Lei era una donna forte, ma c’è solo da immaginare le difficoltà che ha incontrato, da sola, a Montecitorio. Ci vuole davvero una donna piena di convinzioni e di umanità per fare quello che ha fatto lei. Una donna così bisogna solo rispettarla, volerle bene. E invece noi a Reggio non l’abbiamo mai eletta. Una vergogna per cui non riesco a darmi pace».

Intervista a cura di Martina Riccò

Da: La gazzetta di Reggio (10 aprile 2020)
 

24 settembre 2020